Depressione

La depressione ed il male di vivere
Sofferenza della depressione psicologi
Uscire dal Tunnel della Depressione grazie ad uno psicologo

La depressione è come una lenta implosione dei sensi e della vita

La depressione nelle sue varie forme è un “male oscuro”, che s’insinua subdolamente nell’anima e nel corpo di chi lo vive.
Si comincia a essere tristi, ad essere un po’ apatici, a non aver voglia di niente, a provare poco piacere ed entusiasmo per le esperienze quotidiane e a poco a poco ci si ritrova come immersi in una palude nebbiosa, un tempo sospeso, dove il corpo diventa pesante, (soma), quasi fosse un impedimento, un ostacolo, e il tempo è estremamente lento, non fluisce più.

Come si sente il corpo quando si è in uno stato lieve o forte di depressione

Il corpo viene quasi come trascinato a rimorchio, è un “sentirsi giù” che corrisponde al blocco e all’inerzia di qualsiasi tipo di slancio del corpo e dell’animo, a volte può diventare anche difficile prendere il telefono a fianco al letto per chiamare qualcuno.
Può esserci la sensazione di non farcela più, tutto diviene insopportabile, non si riesce a sopportare neanche se stessi, ci si può vivere come un peso schiacciante che tutto rallenta e intoppa e ogni minimo gesto, mossa, piccola spinta verso qualcosa può risultare estremamente faticosa.

Cosa avviene negli organi di senso in uno stato di depressione: la temporanea perdita dei sensi e del senso della vita

Stando così le cose possiamo immaginare quanto sia difficile per chi si trova immerso in questo stato trovare un senso, cioè portare piccole “donazioni di senso” nella vita di tutti i giorni.
Possiamo infatti immaginare che in questa situazione i sensi siano bloccati, annebbiati, tutto ha meno gusto, sapore, i colori sono come sbiaditi, i riflessi rallentati, la percezione del corpo e il movimento ne risentono anch’essi.

Lo stato d’animo collegato alla depressione può essere contagioso?

Inoltre questo “buco nero” esistenziale può essere estremamente contagioso anche per chi sta vicino e cerca di supportare la persona depressa e anche il terapeuta deve stare attento a non assecondare tale stato, a non farsene imprigionare anch’esso, a non confluire, a non farsi invischiare.

Da dove può nascere un’esperienza depressiva

Come si arriva a perdere la voglia di vivere, lo slancio vitale?
Ogni caso è a sé, può essere la conseguenza di un evento doloroso (un lutto, la morte di una persona cara, la separazione, il divorzio, la perdita di un partner), oppure può essere collegato ad un cambiamento molto forte di vita (il parto, la nascita di un figlio, un trasferimento).
Altre volte non è così chiaro da cosa possa dipendere lo stato depressivo, può essere un lento e costante svuotarsi di senso della propria esistenza, e può essere collegato al fatto di aver fatto delle scelte nella vita che non sentiamo più intimamente “nostre”, e al tempo stesso manteniamo tutto così com’è per adeguarci alle aspettative degli altri e alle convenzioni sociali. Può essere andata così: da bambini abbiamo introiettato, cioè fatto nostri i desideri dei nostri genitori per noi, e abbiamo agito realizzandoli, per poi renderci conto che non era esattamente ciò che avremmo voluto dalla vita, e lo abbiamo fatto per il nostro bisogno di sentirci amati e accettati.
Anche nelle migliori famiglie esistono sempre delle “ferite d’amore” che i bambini ricevono, le abbiamo tutti dentro di noi.
E ognuno di noi avrà sperimentato l’esperienza dello stato depressivo in alcune circostanze della vita, senza arrivare agli estremi sopra descritti.
Nel nostro piccolo possiamo riconoscere il dolore insito in quest’esperienza.

La difficoltà di dare voce alla depressione e al suo dolore

Spesso è un dolore che non trova spazio di espressione, non ha voce, non è mai stato detto e mai stato ascoltato, è un dolore che ha radici profonde, è il nostro bambino ferito, e può darsi che questo bambino ferito dentro di noi non l’abbiamo mai visto né considerato per anni, non gli abbiamo mai prestato attenzione né ci siamo mai presi cura di lui.
Anzi molto spesso non vogliamo sentire il dolore che ci abita dentro e cerchiamo di evitarlo in tutti i modi, forse abbiamo paura di non uscirne più, come quando si dice che se si aprono i rubinetti alle lacrime trattenute per tanto tempo poi chi li chiude?

Come lo psicologo e psicoterapeuta può accompagnare e sostenere chi sta vivendo un’esperienza di depressione

Secondo me il compito del terapeuta è proprio questo: accompagnare chi è preso dal male di vivere in un delicato percorso di ascolto, espressione, riconoscimento e cura (nel senso di prendersi cura) del proprio dolore e della propria ferita.
Spesso la persona da sola non ce la fa a stare col suo dolore, il terapeuta allora può fare da tramite, permettere alla persona di starci per quanto è possibile e sopportabile per lei in quel momento, e piano piano, il contatto col dolore trasforma quest’emozione in qualcos’altro.
Per me è così, l’emozione, e anche il dolore, se vissuto, se “attraversato” si trasforma in una nuova energia per sé.
Inoltre il canale del dolore è collegato neurologicamente a quello del piacere, per cui potendosi aprire alla via del dolore ci si può aprire anche a quella del piacere.
Aggiungo un’ultima cosa.
Secondo me il disagio esistenziale in cui vive il soggetto depresso è fatto anche da una forte componente di rabbia inespressa, è una rabbia verso il mondo a vari livelli e al soggetto afflitto dal “male di vivere” è come se fosse mancata la possibilità esistenziale di arrabbiarsi col mondo e così gran parte di questa rabbia l’ha rivolta contro di sé.
Poter riconoscere questo meccanismo in terapia e poter dare alla persona la possibilità di sperimentare com’è arrabbiarsi col mondo anziché con se stessi può essere un altro valido strumento per uscire dal tunnel dello stato depressivo.
Se la persona può arrabbiarsi con gli altri e può scegliere se, come e quando farlo, è una nuova possibilità che può farla uscire dal circolo vizioso e dall’unica possibilità di arrabbiarsi solo con se stessa.